Gli animali selvatici? Ci salveranno dalla solitudine e dal vuoto del cuore
Intervista esclusiva allo scrittore e ambientalista Richard Louv sul suo ultimo bestseller
Lupi, orsi, cerbiatti, uccelli rapaci. La fauna selvatica preme alle porte delle nostre città. Ma non dobbiamo temerla. L’anima animale è un libro provocatorio e visionario appena pubblicato dalle Edizioni Ambiente. L’autore Richard Louv ci spiega in questa intervista perché tutti gli animali, ma soprattutto quelli selvatici, ci salveranno dalla solitudine e dal vuoto del cuore in cui l’umanità sta precipitando.
Louv è portavoce di una nuova generazione di studiosi e ricercatori ambientalisti. Per questi il futuro è nella connessione e coabitazione con le altre specie viventi e nell’amore per la natura, Richard Louv ci porta il suo messaggio di speranza e ottimismo.
Apparteniamo tutti a una grande famiglia, degna del nostro amore
D. Il suo libro è incentrato su un concetto fondamentale: la natura e la fauna selvatica possano avere un impatto positivo sul benessere degli esseri umani, come confermano del resto molte ricerche. Ma come possiamo vincere la paura degli animali selvatici, soprattutto oggi che ce li ritroviamo spesso fuori della porta di casa e che, per la pandemia da COVID-19, possono rappresentare una minaccia per la salute visto che si è ipotizzato lo spillover del virus da specie selvatiche come i pipistrelli?
R. Che siano domestici e selvatici gli animali possono avere effetti profondi sugli esseri umani. Ci aiutano ogni giorno, anche se non ce ne accorgiamo o non riconosciamo il loro contributo. Stimolano le nostre capacità sensoriali, ci insegnano l’empatia, comunicano con noi in modi che la scienza sta solo cominciando a intuire.
E’ vero d’altro canto che, come possibile conseguenza della pandemia, le specie selvatiche possano apparire più minacciose. Già adesso sentiamo parlare di wet market (i mercati cinesi all’aperto fonte di trasmissione di malattie) . E della possibilità che il virus sia arrivato dagli animali selvatici.
Mi chiedo, il crescente desiderio di natura che molti oggi provano troverà un ostacolo nella reazione negativa verso gli animali selvatici, soprattutto nelle città? (Vedi il capitolo del mio nuovo libro dove parlo dei betweens la fauna selvatica urbanizzata). Intanto è in continua espansione il movimento di salute pubblica OneHealth molto attivo negli Stati Uniti. Questo Movimento si propone di creare spazi fisici e psicologici per gli animali nelle città, istituendo per esempio corridoi per gli animali selvatici, gruppi di “wildwatching di vicinato” per proteggere le persone ma anche gli animali. Tutto ciò diventerà di sempre maggiore attualità. Lo stesso dovrebbe accadere riguardo alla protezione e espansione delle aree selvatiche, come una necessità di salute pubblica.
Come sarà il mondo post-pandemia? L’umanità deve tenere conto della natura
Genitori e politici dovrebbero anche chiedersi: come sarà il mondo post pandemia, riguardo alla connessione uomo-natura? Ci stiamo già preparando a massimizzare i benefici e ridurre i rischi di questa connessione, oppure no? Cosa dobbiamo aspettare ancora perché la nostra specie si mobiliti riguardo ai cambiamenti climatici? All’erosione della biodiversità, al pericolo di estinzioni di massa, alle pandemie prossime venture connesse al modo in cui trattiamo gli animali? Basarsi sui fatti e la razionalità non è sufficiente. Per uscirne abbiamo bisogno di far leva su almeno altri due fattori.
Amore e emozioni, leve che producono grandi cambiamenti
Il primo è l’amore– un profondo legame emotivo con la natura che ci circonda. Il secondo fattore è la speranza immaginativa, cioè la nostra capacità di descrivere un futuro che valga la pena vivere. L’ecofilosofo australiano Glenn Albrecht sostiene che “solo con un cambiamento a livello di emozioni e valori di riferimento si sono potuti trasformare fatti in azioni in altre aree. Per esempio il femminismo, le unioni omosessuali e le diseguaglianze razziali“.
Il motivo per cui queste istanze hanno potuto fare breccia nel suo Paese come in altri è che “vertevano sulla questione dell’amore”. Ecco perché le immagini di animali sofferenti e eroismo umano in Australia (durante i recenti incendi) sono così importanti. Ci ricordano, almeno per un po’, che apparteniamo a una famiglia più grande, una famiglia degna del nostro amore. Ora abbiamo l’opportunità di darci da fare. La pandemia ci ha instillato il desiderio di relazioni con i nostri cari ma anche con la natura tutta.
L’habitat del cuore, lo spazio emotivo che ci mette in comunicazione con gli animali
D. Lei fa riferimento a un “habitat del cuore”, un altro concetto chiave del suo libro. Può spiegarci in breve cosa significa?
R. Riconoscere che condividiamo un ambiente comune (non solo il mondo fisico, ma quello che io chiamo l’habitat del cuore) riguarda il futuro delle generazioni di tutte le specie. Che avvengano negli ambienti selvatici piuttosto che in aree urbane o rurali le esperienze che viviamo con gli animali selvatici possono produrre stati di coscienza alterati. Capita persino quando ci imbattiamo per pochi istanti in un animale selvatico: la percezione del tempo, dello spazio e delle dimensioni si modificano radicalmente. Le capacità sensoriali si amplificano, e non stiamo parlando solo dei cinque sensi che siamo abituati a usare, ma addirittura di nove o dieci sensi (secondo alcuni scienziati gli esseri umani avrebbero almeno 30 sensi, molti dei quali usiamo solo raramente).
Dall’incontro di sguardi nasce la relazione di cuore
Una delle persone che ho intervistato per il mio libro, parlandomi dei suoi incontri con delle formiche, al loro livello, mi ha detto di essersi sentita trasportata in un altro mondo, il loro mondo. E, così come nella storia di Gulliver con i Lillipuziani, il normale senso delle misure era svanito. Molte altre storie hanno fatto luce non soltanto sugli stati alterati di coscienza ma anche su improvvisi slanci di crescita spirituale che accompagnano queste esperienze.
In momenti del genere è impossibile sentirsi soli al mondo. Nel corso di un mio incontro ravvicinato con due aquile reali sulle rive di un lago ho avuto l’intensa consapevolezza che la realtà che esisteva tra loro e me aveva una sua ragione d’essere. E’ la realtà della relazione, nell’habitat del cuore. Io credo che il futuro della vita su questa Terra si trovi in questo habitat. Esistono in effetti due diversi habitat. L’ambiente fisico che in molti cerchiamo di proteggere. L’altro è l’habitat del cuore, che non nutriamo come dovremmo, in noi o nei nostri figli.
La simbiosi, nuova frontiera per un’umanità ammalata di solitudine
D. La connessione con gli animali parrebbe una specie di “nuova frontiera” per un’umanità che sta cercando vie di fuga dalla solitudine, la tristezza, la mancanza di senso della vita, senza contare la sopravvivenza ai cambiamenti climatici e i disastri che ci aspettano probabilmente nel prossimo futuro. Potrebbe citare tre cose che potremmo fare per avvicinarci agli animali selvatici?
R. Il sistema migliore è che le persone comincino a fare conoscenza con i loro vicini animali. Ciò richiederà naturalmente più contatti umani con gli animali selvatici con tutte le cautele di un’attenta e rispettosa distanza. Sul fronte dell’istruzione pubblica le conoscenze della biologia non sono sufficienti. Mentre ci sforziamo di creare un’interconnessione in quella che io chiamo la Città Simbiocene, le scuole, gli attivisti, le guardie forestali e le organizzazioni per la conservazione della natura potrebbero insegnare come evitare comportamenti aggressivi da parte di animali selvatici.
Il filosofo australiano Glenn Albrecht sostiene che dovremmo cominciare a rifiutare il concetto dell’Antropocene, l’epoca incentrata sull’uomo, per ambire al Simbiocene, un tempo in cui si realizza la simbiosi tra tutte le forme viventi. Gli animali selvatici ci salveranno dalla solitudine e dal vuoto del cuorre.
Consigli pratici su come convivere senza problemi con la fauna selvatica
Un paio di consigli di base: evitare di molestare gli animali e prendersi il tempo di imparare le regole durante l’incontro con particolari specie (esempio, sto fermo immobile, scappo, o cerco di sembrare grosso e minaccioso?) Non dar da mangiare agli animali selvatici. Conservare in casa il cibo per gli animali domestici. Tenere i gatti in casa per evitare che uccidano gli uccelli. Recintare l’orto. Sul versante positivo invece, tenere a portata di mano cannocchiali e fotocamere per fotografare il passaggio di eventuali cervi, falchi o altre specie selvatiche.
Ci sono paesi in cui si creano servizi di vigilanza per prevenire furti e rapine, allo stesso modo si potrebbero creare Gruppi di vigilanza per gli animali selvatici (ne esistono già, ma sono ancora troppo pochi). Persino nelle aree urbane più popolose i membri di questi gruppi potrebbero mappare la presenza delle specie selvatiche, prevenendo così incontri pericolosi, e tenere sotto controllo gli animali selvatici che si spostano dai loro ambienti per problemi climatici. I centri di recupero delle specie selvatiche hanno sempre bisogno di volontari. Anche nelle comunità religiose e scolastiche, perché no, si potrebbero creare gruppi di osservazione della fauna selvatica. A scuola gli studenti di biologia e scienze naturali potrebbero fare corsi sulle specie presenti nella loro bioregione. I giovani potrebbero venire a conoscenze dei rischi e delle opportunità di una città che dà valore ai suoi residenti, che siano umani o animali.
Simbiocene, la città del futuro dove uomini e animali convivono in pace
Nella Città Simbiocene potremmo sentire il desiderio di diventare pittori naturalisti, o magari tenere un diario naturalista vicino alle guide ai mammiferi e agli uccelli selvatici che vivono nella nostra bioregione, o creare un piccolo angolo selvatico in giardino. Che gioia poter lavorare insieme ad altri a recuperare aree urbane dismesse o piantare varietà selvatiche!
Insieme potrebbero esplorare i modi in cui le diverse culture interagiscono con gli animali, con tutto il bagaglio di miti, folclore e proprietà medicinali che le diverse culture portano in città. Ecco i vivai della scienza cittadina. Ecco i nostri futuri biologi, veterinari e esperti di pet therapy. Grazie a queste organizzazioni o gruppi informali, giovani e meno giovani potrebbero esplorare come una città può costruire un senso di identità più forte, attrarre l’ecoturismo, individuare il potenziale per nuove occupazioni e carriere nella salute pubblica, l’ecologia urbana, il design urbano, l’architettura.
Oltre a ridurre i danni per gli animali selvatici o quelli da compagnia questi Gruppi di vigilanza della fauna selvatica potrebbero promuovere campagne per invitare le persone a investire di più sulla propria identità personale e regionale, e il benessere psicologico e l’autostima che ne derivano.
In questi e altri modi, costruire un capitale sociale uomo-natura ridurrebbe la solitudine della nostra specie e aumenterebbe la speranza. Come ha detto Bob Randall, un anziano Yankunytjatjara australiano. “sarebbe un modo meraviglioso di vivere che non lascia fuori nessuno ma porta dentro tutti” In questo contesto, vedremmo le persone condividere le loro storie di animali attorno a un falò del ventunesimo secolo, e in queste storie trovare senso, gioia e rinnovamento.
L’uomo non è più il signore del creato
D. L’Italia è un Paese cattolico, solo di recente la Chiesa ha pronunciato parole di rispetto nei confronti della natura. Altrimenti per la nostra cultura e la religione cattolica (diversamente da altre) la natura e gli animali sono considerati forme inferiori di vita, soggette all’uomo, loro signore e padrone. L’atteggiamento antropocentrico tipico della nostra cultura ha causato il deprezzamento e lo sfruttamento senza criteri del mondo naturale. Come possiamo invertire la tendenza?
R. Stiamo in realtà assistendo a molti cambiamenti, e si realizzano campagne di sensibilizzazione che portano le persone, al di là delle appartenenze politiche, religiose o economiche, a riconnettersi alla natura. In Europa c’è più consapevolezza riguardo alla necessità che i bambini possano trovare più equilibrio in un ambiente naturale. Ma la mancanza di natura è un problema crescente in ogni Paese urbanizzato. Nella mia esperienza ho incontrato persone dotate di una forte spiritualità che , al di là delle loro confessioni religiose, comprendono intuitivamente che la vita spirituale trova origine nella capacità di stupirsi, nel senso di meraviglia.
Il senso di meraviglia, chiave della spiritualità
Per i bambini la natura è una delle prime finestre sulla meraviglia, sul miracoloso. Ma per molti bambini quella finestra rischia di chiudersi. Come ha scritto l’ecoteologo cattolico Thomas Berry: “Un habitat degradato produce esseri umani degradati”. Il concetto di un ”inconscio ecologico” sta emergendo dall’incrocio di scienza, filosofia e teologia. E’ l’idea che tutto il mondo naturale sia collegato in modi che ancora non abbiamo ben compreso. Nel mio libro cito un episodio attribuito a Papa Francesco, che avrebbe dato una commovente risposta a un bambino che aveva appena perso il proprio amico a quattro zampe. Papa Francesco aveva accennato al fatto che il cagnolino del piccolo potesse avere un’anima.
Tecnologia e amore per la natura non sono in contrapposizione
D. E’ anche difficile per noi che viviamo in aree intensamente urbanizzate avere la stessa familiarità con la fauna selvatica che hanno per esempio i popoli indigeni. Come possiamo sviluppare comunque un’intimità con gli animali selvatici?
R. Sì, alcune antiche culture sono più consapevoli della sacralità della natura, e da loro abbiamo molto da imparare. Dovrei anche dire qui che alcuni dovrebbero farsi un’idea diversa di come i vari gruppi etnici o culturali interagiscono con la natura.
La natura è per noi la più immediata e condivisa finestra sul miracoloso. Non è soltanto una visione del passato ma anche una prospettiva su una futura nuova era. Normalmente evito l’espressione “ritorno alla natura”, preferisco dire “avanti verso la natura” Questa non è un’operazione antiurbana o antitecnologica.
Facciamo in modo che i bambini sappiano che questo è l’ultima sfida multitasking: vivere contemporaneamente nel mondo digitale e in quello fisico, usare computer per massimizzare le nostre capacità di elaborare dati, e ambienti naturali per accendere tutti i sensi e accelerare le possibilità di apprendimento e la sensibilità.
Educare i bambini all’amore per la natura
Non è mai troppo presto, né troppo tardi, per insegnare a grandi e piccoli ad apprezzare il mondo naturale e a collegarsi con esso. Possiamo trascorrere più tempo in natura con i bambini. E’ una bella sfida, che sottolinea l’importanza di esplorare vicine opportunità, in particolare il tempo non strutturato in natura. Programmare momenti all’aperto, fare esperienze dirette in natura; fare in modo che le gite negli ambienti naturali diventino un atto intenzionale se non una sana abitudine che diventa parte della vita. Non è difficile creare nuovi ambienti naturali in giardino, a scuola, al posto di lavoro, in città e fuori città così che ovunque i nostri figli possano crescere in natura. Non con la natura ma dentro la natura.
Lupi e orsi, che ci trasmettono valori etici
D. Lei scrive che gli animali selvatici sarebbero in grado di insegnarci valori umani e virtù come collaborazione, amore, moralità, pazienza. Addirittura, come sostieni anche basandosi su alcuni studi, gli animali avrebbero plasmato i nostri valori etici. Puoi spiegarci brevemente questo concetto rivoluzionario?
Buona parte delle ricerche si focalizza sulle aree verdi. Disponiamo incredibilmente di pochi studi sugli effetti terapeutici della fauna selvatica sulla salute e il benessere umano. Spero che il mio libro stimoli un maggiore apprezzamento del ruolo formativo che hanno gli animali nei nostri confronti e viceversa. Ciò si rivela particolarmente importante nel momento in cui esseri umani e animali selvatici vivono sempre più vicini, anche nelle città.
Mi sono anche occupato del profondo impatto che gli animali domestici esercitano sulla nostra salute fisica e mentale, aiutando a sviluppare empatia e valori morali nei bambini, ampliando le loro capacità cognitive e così via. A queste ricerche si fa riferimento nel movimento per le terapie assistite da animali che sta prendendo sempre più piede.
Nel libro racconto la storia del mio cane Banner che, quando ero ragazzino, sono certo mi abbia insegnato un sistema di valori morali, gli stessi che lui aveva ricevuto dai suoi antenati, in trentamila anni di storia, da lui fino a me. Sono certo che anche gli animali selvatici possono darci gli stessi benefici, solo per vie più misteriose.
Il “diritto all’esistenza” per tutelare le altre specie
D. Che dire infine di quegli animali che una volta erano selvatici ma che oggi mangiamo o sfruttiamo in tanti modi diversi? Dovremmo diventare tutti vegani per rispettarli?
R. E’ importante ricordare che tutto ciò non riguarda solo noi, la specie umana. Gli animali hanno diritto a esistere, a prescindere dal fatto che noi traiamo beneficio dalla loro esistenza. Nell’etica ambientale questa si definisce “valore di esistenza”. Comunque il mio pensiero è che come società noi dovremmo affrontare meglio la questione dei benefici che gli animali ci apportano, compresi modi per far sì che i benefici siano reciproci, per noi e per gli altri animali.
Introdurre il Principio di reciprocità
In L’anima animale parlo di una nuova etica verso il mondo naturale, quello che definisco il Principio di reciprocità. Eccone una descrizione dal libro: “In cambio di ogni occasione di guarigione che gli esseri umani ricevono da un’altra creatura, le persone dovrebbero assicurare a quello stesso animale o a un suo simile una pari dose di benessere.
Per esempio, per ogni ettaro di habitat naturale che sottraiamo, ci impegniamo a conservare o creare per la fauna selvatica almeno un altro ettaro. Per ogni euro che spendiamo per la tecnologia scolastica, ci impegniamo a spendere almeno un altro euro per creare opportunità per fare in modo che i bambini creino connessioni profonde con un altro animale, pianta o individuo; ogni giorno di solitudine che sopportiamo passeremo un giorno in comunione con la vita intorno a noi finché il senso di solitudine sarà svanito.
Richard Louv è cofondatore e presidente emerito del Children & Nature Network e autore di THE NATURE PRINCIPLE: Reconnecting With Life in a Virtual Age, LAST CHILD IN THE WOODS: Saving Our Children from Nature-Deficit Disorder (L’ULTIMO BAMBINO DEI BOSCHI, Come riavvicinare i nostri figli alla natura, Rizzoli) e VITAMIN N: The Essential Guide to a Nature-Rich Life. Il suo libro più recente è OUR WILD CALLING: How Connecting with Animals Can Transform Our Lives – and Save Theirs ( L’anima animale, Come il rapporto con gli animali può trasformare le nostre vite e salvare le loro, Edizioni Ambiente).
Un ringraziamento particolare a Richard Louv per avermi dato modo di intervistarlo. Il testo di questa intervista è disponibile su questo blog anche in lingua inglese.
This interview is also available on this blog in native language. Special Thanks to Richard Louv for this fantastic opportunity.
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[…] Sono i nostri compagni su questo Pianeta, e da loro abbiamo tanto da imparare, sostiene lo scrittore ambientalista Richard Louv nella mia intervista esclusiva. Inoltre, sotto forma di simboli e archetipi, gli animali vivono anche nella nostra […]