Panchine giganti: guardare il mondo con occhi di bambino
Originali, divertenti, fiabesche le Panchine giganti firmate dal designer americano Chris Bangle spuntano in tutta Italia a “sottolineare” punti panoramici di particolare bellezza. L’ultima in ordine di tempo, la numero 137, è appena stata inaugurata a Civenna di Bellagio, in provincia di Como. E’ la prima del Lago di Como e guarda il paesaggio da una posizione mozzafiato affacciata sul ramo di Lecco e le Grigne. Naturalmente, l’accesso è libero perché questa è un’opera “costruita dalla gente per la gente”.
Grandi emozioni e uno sguardo nuovo sulle bellezze naturali
Nate dalla visione del designer americano Chris Bangle e della moglie Catherine le Panchine giganti sono installazioni fuori scala. Colorate vivacemente, tutte diverse, sono collocate in punti pubblici di bellezza strategica affacciate sul paesaggio. L’idea è quella di godersi la vista “come se si fosse tornati bambini. Capaci di meravigliarsi con uno sguardo nuovo” di fronte alle bellezze della natura.
A oggi esistono 137 installazioni, quasi tutte in Italia, coordinate dalla Big Bench Community Project BBCP. Questa organizzazione no profit è nata per sostenere le comunità locali, il turismo e le eccellenze artigiane del territorio con spirito positivo. Le Panchine giganti infatti non possono essere costruite con soldi pubblici ma solo con donazioni private e il volontariato.
Per concorrere all’installazione di una panchina una comunità deve seguire regole precise imposte dalla BBCP. Scegliere un luogo pubblico poco conosciuto, immerso nella natura e che si presti a essere raggiunto con una breve passeggiata. Il punto prescelto deve trovarsi in una località panoramica e le panchine hanno design e misure standard: 3.50 x 1.80 cm, peso 600 kg circa. Chi vuole visitare il “circuito delle panchine” acquista un passaporto dove si raccolgono i timbri raccolti nelle singole località. Chris Bangle e la BBCP hanno recentemente creato una Fondazione per sostenere attraverso il crowfunding il futuro delle Panchine giganti.
Ma è arte oppure no? Panchine giganti: guardare il mondo con occhi da bambino
Un po’ Alice nel Paese delle meraviglie, un po’ personaggio dell’assurdo alla David Lynch chi entra nella “scena” della Panchina gigante si trova proiettato in un’atmosfera particolare. <Il punto di riferimento è l’artista svedese naturalizzato americano Claes Oldenburg. Un grande esponente della Pop Art famoso per le sue creazioni monumentali> spiega Marco Marinacci, storico dell’arte, architetto e docente al Politecnico di Milano, nonché consulente scientifico dell’Associazione La Stanza dell’Arte di Bellagio. <Oldenburg rappresenta oggetti di uso comune su scala gigante, soprattutto cibi come panini e hot dog.
Lo scopo è additare con il consumismo un elemento negativo che si vuole imporre nel nostro habitat fisico: ce ne ne rendiamo conto solo quando lo vediamo ingigantito>. Negli anni Settanta Oldenburg incontra l’artista Goosje van Bruggen che lo porta alla dimensione urbana della Land art e dell’ Arte pubblica. L’esempio più famoso è Ago, filo e nodo di Piazza Cadorna a Milano, un enorme ago conficcato della pavimentazione della Piazza a rappresentare l’operosità dei milanesi.
<Con le sue panchine giganti Chris Bangle “cita” Oldenburg> prosegue Marinacci. <Sceglie un oggetto e capovolge il concetto di Oldenburg. La Panchina gigante infatti non è oggetto da guardare dal di fuori ma da cui si guarda il paesaggio. Si entra in una scena enorme e si guarda un paesaggio rimpicciolito. Personalmente credo che, in un momento in cui la pandemia ha ridotto la Terra allo schermo di un computer, questo può suscitare riflessioni interessanti sulla nuova dimensione assunta da questo mondo così rimpicciolito e sul nostro corpo/panchina ipertrofico, che consuma più di quanto la Terra possa offrirgli>. Panchine giganti: guardare il mondo con occhi di bambino.
Il Partenone, il tempio e la contemplazione
Al tempo stesso, seduti sulla megapanchina, ci sentiamo bambini di fronte all’immensità. <La costruzione gigantesca per eccellenza inserita nel territorio, quella che suscita un senso di meraviglia e reverenza è il tempio, di cui il Partenone di Fidia è il prototipo> continua Marco Marinacci . <Ma, mentre il Partenone deve essere visto dal basso in alto, la Panchina è un oggetto da cui si guarda come da un osservatorio. Dunque diventiamo noi il tempio e il tempio ci trasforma in dio>.
Dopotutto la stessa parola contemplare, spiegano i filosofi Maura Gancitano e Andrea Colamedici fondatori della casa editrice Tlon (il loro ultimo libro è Prendila con filosofia. Manuale di fioritura personale ) racchiude anche il termine tempio. E il templum. per gli antichi sacerdoti Romani, era la porzione di cielo delimitata dal bastone cerimoniale in cui veniva osservato l volo degli uccelli per trarre auspici sul futuro. Anche la Panchina insomma, in qualche modo, ricorda a noi distratti e sempre indaffarati cittadini di questo secolo, l’importanza della contemplazione, una dimensione essenziale per coltivare creatività, ispirazione, immaginazione. Per dare spazio all’infinito e alla spiritualità nella vita quotidiana.
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Foto di Stefano Michelin